È quanto emerge dall’Osservatorio lavoro della CNA, curato dal Centro studi della Confederazione, che analizza mensilmente le tendenze dell’occupazione nelle imprese artigiane, micro e piccole dal dicembre 2014, all’inizio della stagione di riforme che ha profondamente modificato il mercato del lavoro italiano.
Nonostante la diminuzione complessiva, l’artigianato – rileva l’Osservatorio lavoro CNA – ha sostanzialmente resistito allo tsunami Covid-19, registrando un calo dello 0,3% dopo quattro anni di crescita ininterrotta, superiore al 2,5% annuo. Naturalmente questo dato è influenzato dalle misure a sostegno del reddito e a difesa dell’occupazione, quali cassa integrazione e divieto di licenziamento.
Il combinato disposto di crisi economica e misure di sostegno all’occupazione ha determinato una brusca interruzione nell’avvicendamento sui posti di lavoro. Nel 2020 i tassi di assunzione e di cessazione sono stati i più bassi degli ultimi quattro anni. Da un lato la crisi economica ha frenato le assunzioni (-18%), dall’altro il blocco dei licenziamenti ha prodotto una brusca riduzione delle cessazioni (-13,1%). In entrata e in uscita, insomma, le posizioni permanenti sono rimaste “congelate”. Maggiore mobilità, viceversa, è stata registrata nelle tipologie contrattuali a termine, utilizzate per fare fronte alle necessità temporanee.
Una situazione pericolosamente sospesa che potrà volgere al meglio a condizione che, nei prossimi mesi, si realizzi su una solida ripresa della domanda, possibile solo con il successo della campagna vaccinale. Al contrario, tanti artigiani e piccole imprese si troverebbero nella dolorosa condizione di dover ridurre gli organici, se non addirittura di essere costretti a cessare la stessa attività.