Sono ormai tanti anni, ormai, che lavorando nella rappresentanza delle imprese pistoiese, partecipo alle occasioni di confronto che nella città si realizzano ai tavoli dell’economia e del lavoro. In questo ruolo ho potuto verificare direttamente tutte le difficoltà oggettive di governare una materia che sempre di più è derivata da opzioni politiche operate su scala sopra-nazionale così come ho potuto constatare l’incapacità del nostro territorio toscano e soprattutto pistoiese, nel contribuire allo sviluppo economico e sociale dei suoi cittadini, capace, invece, di mantenersi tenacemente resistente ai cambiamenti epocali che stanno scuotendo il mondo a “suon di crisi”.
Non voglio certamente dilungarmi su questioni complesse di analisi socio-economica, bensì limitarmi ad indicare un sintomo, un esempio che a parer mio é emblematico del rapporto tra il sistema imprenditoriale e la cosiddetta “società civile”, rappresentata dalla politica, le istituzioni, i sindacati e di quanto questo rapporto sia di ostacolo allo sviluppo del Paese e della nostra Città.
Presto verrà resa nota e disponibile la cosiddetta “Marca Ombrello” di Pistoia. Si tratta di un logo, a parere mio, ben fatto ed in grado di portare nel mondo un’immagine rappresentativa dei valori del nostro territorio. Nella Rivista precedente a questa abbiamo pubblicato in copertina esattamente la grafica che dovrà essere oggetto di un piano promozionale impegnativo al quale sono chiamate a partecipare oltre le istituzioni anche le imprese. Non si tratta certamente di un’iniziativa in grado di risolvere i problemi della gente e dell’economia, pur tuttavia, ho condiviso assieme alla CNA il tentativo di fare qualcosa di concreto, anche se oggettivamente insufficiente rispetto ai tempi impiegati ed ai costi sostenuti.
Dunque, dicevamo che anche le aziende possono, ed anzi sono invitate, a portare in giro per il mondo la “Marca Ombrello” di Pistoia. Il problema allora dove sta? Sta nel fatto che non tutte sono ritenute degne di ammantarsi di tale simbolo, ma solamente quelle che avranno almeno uno dei requisiti richiesti quali: la sostenibilità (leggasi rispetto dell’ambiente), l’innovazione, (qualità e know-how secondo i più alti standard di servizi) la certificazione del sistema organizzativo o dei prodotti.
E’ sufficiente? No!
Occorre anche che non siano in stato di fallimento, concordato ecc., siano in regola con pagamento dei contributi previdenziali a favore dei dipendenti, in regola con la normativa in materia di lavoro, le pari opportunità tra uomo e donna, le disposizioni relative all’inserimento dei disabili, in regola con la normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Ecco! Questo non è accettabile. Non si può tollerare ancora che si consideri l’azienda come un luogo di perdizione salvo prova (dichiarazione) contraria. D’altra parte la cultura della diffidenza le imprese la riscontrano agli sportelli pubblici ed anche nell’opinione pubblica determinando le condizioni opposte alle imprese che operano in paesi più evoluti dell’Europa civile e non ideologica.
Non sono forse prescrizioni obbligatorie quelle del rispetto delle normative? Non sono forse perseguite a suon di sanzioni esagerate (si veda Equitalia)? Non è forse giunto il momento di considerare l’impresa l’unica risorsa in grado di generare occupazione e benessere per il Paese? E non è forse venuto il tempo che certi pregiudizi vengano meno assieme a coloro che continuano ad impugnarli per giustificare la loro presenza? Sono sicuro che il rapporto del paese con le sue imprese rappresenti la cartina di tornasole di un paese che è cambiato e guarda finalmente al futuro.
Qualcuno ha detto che si tratta di prescrizioni previste dai bandi pubblici. E allora perchè si usa anche al di fuori dei bandi pubblici? Corrisponde forse ad un beneficio per l’impresa quello di portare fuori dai confini provinciali e nazionali il logo di Pistoia?
La verità è più semplice e più dura ed è quella di una città e di una nazione ancora nel secolo scorso che non riesce a trovar pace tra i padroni ed i lavoratori? Esagero?
Non credo proprio: sono infatti questi pregiudizi che frenano le semplificazioni, dissuadono i giovani dal fare impresa, consigliano a chi esercita un’attività autonoma di chiudere, e gli stranieri, con i loro capitali, a guardare altrove.
Così la penso!
Sergio Giusti
Direttore CNA Pistoia