“La CNA ha messo in campo un pacchetto di otto proposte per favorire l’impresa femminile ma una, in particolare, è quella che riteniamo rappresentativa del criterio con cui vorremmo affrontare il problema del grosso gap di genere che caratterizza l’economia italiana: una detrazione del 50% sui voucher per tutti i servizi di cura di qualsiasi genere”. Lo ha detto la presidente nazionale di CNA Impresa Donna, Maria Fermanelli, in occasione della tavola rotonda organizzata al Senato sul tema “Politica: sostantivo femminile singolare” alla quale hanno partecipato , per Cna Toscana Centro, la Presidente del Comitato Impresa Donna Debora Spagnesi e la rappresentante del Cid Daniela D’Errico. Una iniziativa che ha visto la partecipazione delle senatrici Nunzia Catalfo, Anna Rossomando (vice presidente del Senato) e Maria Virginia Tiraboschi.
“Questa detrazione – ha proseguito Fermanelli – avrebbe un grosso impatto sull’economia, e permetterebbe di contrastare il lavoro nero. Un’occasione economica per tutti, uomini e donne, che porterebbe maggiore coesione sociale oltre ad innalzare la qualità della vita di tutti i cittadini”.
Il nostro Paese – si legge in un comunicato di CNA Impresa Donna – non ha investito in maniera sufficiente nelle politiche sociali a favore della famiglia e non prevede una misura universalistica di sostegno ai figli. Esistono, inoltre, profonde differenze anche tra lavoratrici: il congedo di maternità obbligatorio, a esempio, prevede un’astensione dal lavoro di cinque mesi per tutte le lavoratrici, ma la copertura completa del reddito è riservata alle sole dipendenti. E’ per correggere queste storture, almeno parzialmente, che CNA Impresa Donna ha preparato un pacchetto di proposte sulle politiche d’investimento e sulle politiche di azione, relativo alle lavoratrici autonome.
Eccole in sintesi:
Le politiche d’investimento
- Rendere detraibili al 50% tutte le spese di cura e di aiuto alla famiglia.
- Riforma dell’indennità di accompagnamento, attraverso l’introduzione della possibilità di scegliere tra prestazioni monetarie e servizi alla persona, al fine di consentire al beneficiario o alla sua famiglia di scegliere tra il contributo economico o fornitura di servizi domiciliari in forma organizzata ed erogati da diversi soggetti siano essi pubblici, privati o del terzo settore.
- Ridurre dal 22% al 5% l’Iva applicata ai servizi di welfare prestati dalle strutture private diverse dalle cooperative sociali e dai loro consorzi.
- Riequilibrare la distribuzione dei fondi destinati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che attualmente vanno per il 90% alle lavoratrici dipendenti e per il 10% alle autonome.
Le politiche d’azione
- Rendere più flessibile l’offerta di servizi pubblici di welfare soprattutto rispetto agli orari e alle modalità di erogazione che risultano estremamente rigidi e sono scarsamente tarati sulle esigenze dei lavoratori dipendenti e dei loro ritmi più tradizionali.
- Riconoscere il “costo” del tempo dedicato alla formazione in termini di mancato guadagno, consentendo di dedurre dal reddito una somma aggiuntiva rispetto alla spesa sostenuta.
- Incentivare la creazione di reti territoriali di conciliazione vita/lavoro per servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia che prevedano la collaborazione pubblico/privato.
- Attivare un tavolo tecnico permanente presso il dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio sull’imprenditoria femminile e sulle politiche di welfare. Istituire una commissione parlamentare bicamerale per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere.