Aperta in CNA la terza fase del Piano Lavoro Sicuro della Regione Toscana. CNA World China rafforza e amplia l’impegno sulla legalità aprendo anche uno sportello informativo e di assistenza a 360° sugli adempimenti dedicato all’imprenditoria orientale

Al via la terza e ultima fase del Piano Lavoro sicuro della Regione Toscana presentata in CNA Toscana Centro alla presenza di oltre 100 imprenditori orientali del raggruppamento CNA World China, guidati dalla Presidente Elena Calabria e dal Portavoce Wang Liping.

A illustrare gli obiettivi del Piano, il presidente della Regione Enrico Rossi, il Sindaco di Prato Matteo Biffoni, il viceconsole cinese Cui Yin e il direttore del Dipartimento prevenzione Usl Toscana Renzo Berti che hanno scandito le prossime tappe per l’affermazione della legalità e l’emersione ad una platea di prestigio che ha visto la partecipazione del Procuratore capo della Procura di Prato Giuseppe Nicolosi, dei vertici di Questura e Prefettura, Guardia di Finanza, Inail, Vigili del Fuoco, Polizia municipale, Organizzazioni sindacali e di categoria, e rappresentanti istituzionali di tutti i Comuni del territorio.

“Con i suoi 300 imprenditori associati – hanno sottolineato la Presidente di Cna Toscana Centro, Elena Calabria e il Portavoce del raggruppamento Wang Liping  –  CNA World China è ancora oggi, a distanza di 7 anni dalla sua nascita, il solo ed unico raggruppamento di rappresentanza di imprese, di una comunità che per la prima volta si è aperta al mondo. E’ stata una scelta coraggiosa, spesso contrastata da pregiudizi e dai fenomeni di discriminazione sulle forme di illegalità che la realtà cinese ha diffuso e, purtroppo in alcuni casi, continua ancora a diffondere.

Il nostro lavoro è sempre stato quello di affiancare le imprese per garantirne il costante adeguamento alle normative che garantiscano legalità e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma anche di lavorare sempre di concerto con le istituzioni per combattere qualsiasi forma di illegalità. Riteniamo che su questo fronte non si possano fare sconti. L’illegalità, l’evasione, le mafie sono piaghe che vanno affrontate seriamente e senza scorciatoie o semplificazioni. Ecco perché bisogna insistere con le azioni congiunte e condivise, per accompagnare tutti gli imprenditori cinesi che decidono di impegnarsi su questo percorso.

In questo senso la terza fase del piano della Regione Toscana, se da un lato insiste con le attività di controllo, dall’altro lato interviene per promuovere un’effettiva assunzione di responsabilità da parte di tutti i soggetti coinvolti, lavoratori e datori di lavoro, premessa fondamentale per una prevenzione efficace. Ed è per questo che la Giunta Regionale, dopo quasi quattro anni in cui si sono registrati risultati positivi, seppure ancora fragili, ha deciso di estendere le azioni previste dal Piano fino a tutto il 2020, aumentando i controlli anche nelle fasce orarie serali e notturne e nei giorni festivi, nella prospettiva di superare la fase della “straordinarietà” grazie al contributo fondamentale di tutti gli attori sociali, a partire dalla Comunità cinese e da CNA. Per fare questo è comunque necessario un lavoro congiunto, una programmazione negoziata tra tutti gli attori interessati da un processo di integrazione che va oltre il mero controllo. Regione, Comuni, il Consolato, enti di controllo insieme ad associazioni di categoria, le associazioni multiculturali, gli imprenditori e i singoli professionisti, rappresentano tutti quei tasselli necessari di un mosaico complesso che nel rispetto dei propri ruoli deve avere un unico obiettivo: l’integrazione della comunità cinese nella comunità italiana.

E’ necessario che le buone prassi attivate, anche sul fronte della informazione e formazione, vedi i progetti ASCI e Face, siano nuovamente finanziati per continuare a diffondere una cultura generale della sicurezza e della legalità.
Dal canto nostro, abbiamo messo in campo un approccio personalizzato per ciascuno dei nostri soci cinesi, favorendo l’adesione al più ampio programma di emersione che in molti casi supera la formale sottoscrizione del Patto per il Lavoro sicuro. Ciò significa entrare in un percorso di regolarizzazione a 360 gradi che, partendo dagli adempimenti prioritari sul rispetto delle norme del Decreto 81, arriva oggi a comprendere il rispetto degli adempimenti fiscali, contabili, sanitari, di gestione del personale, e anche dell’ambiente e dei rifiuti. Un esempio di questa crescita culturale? Oltre 100 imprenditori cinesi hanno seguito i nostri seminari gratuiti sulla fatturazione elettronica, cosa che 7 anni fa sarebbe stata impensabile. Ecco perché intendiamo proseguire su quella che riteniamo sia la strada giusta, e ancora una volta  saremo a fianco delle imprese con l’attivazione di uno specifico Sportello di informazioni e assistenza, nella sede di Via Zarini, a cui potranno rivolgersi le imprese e gli imprenditori cinesi che vorranno conoscere la terza fase del progetto della Regione, ma che soprattutto vorranno essere accompagnati da professionisti seri che svolgeranno azioni di campagna “tutorial” dei controlli assistiti per orientare le imprese al rispetto delle normative”.

Infine, la Presidente, ringraziando tutti gli intervenuti, ha concluso esprimendo parole di grande apprezzamento per il Portavoce Wang Liping, “per il lavoro che svolge quotidianamente e che va oltre il mero compito di un presidente di raggruppamento: Wang Liping è un vero ambasciatore di valori come l’etica, la trasparenza, la legalità, l’integrazione, con un grande senso di appartenenza al territorio e alle istituzioni”

 

I DATI

Questi, in sintesi, i risultati del Piano per il Lavoro sicuro ottenuti dalla Regione Toscana e illustrati dal Governatore Enrico Rossi e da Renzo Berti, Direttore del dipartimento prevenzione Usl Toscana.

“Da 5 anni a questa parte,  le irregolarità sono diminuite e si sono fatte anche meno gravi. Ma occorre – ribadisce il presidente della Toscana, Enrico Rossi – passare da una fase di prevenzione imposta ad un’assunzione di responsabilità. E’ essenziale. Continueremo i controlli, spostandoli magari anche nelle fasce serali, notturne e nei giorni festivi, su quelle aziende che in modo sospetto nel resto della settimana chiudono ad esempio. Ma per passare ad una fase nuova non si può fare a meno della collaborazione della comunità cinese, dei suoi imprenditori e dei lavoratori, che devono assumere maggiore responsabilità”. E poi ci sono nuovi criteri nelle ispezioni: più attenzione alla formazione sulla sicurezza, alla verifica dei documenti di valutazione del rischio e sui macchinari a rischio. I numeri raccontano più delle parole: cinque anni dopo il rogo alla Teresa Moda si registrano quasi il 91 per cento in meno di dormitori abusivi (quelli almeno nel luogo di lavoro) scoperti durante i sopralluoghi, il 70% in meno di impianti elettrici non a norma, si sono dimezzate la carenze igieniche e c’è una flessione quasi del 39 per cento anche sulle notizie di reato. Dati positivi, come l’84,2 per cento di aziende in tutta l’area metropolitana (l’83,5% a Prato) che, dopo i controlli, non sono scomparse nel nulla come in passato ma hanno ottemperato alle prescrizioni imposte ed hanno pagato le multe, peraltro in flessione dopo il picco del 2015 (4 milioni e 861 mila euro quell’anno, 2 milioni e 564 mila nel 2018, 15 milioni e 658 mila euro da settembre 2014) a riprova che le irregolarità sono diminuite.  Il piano “Lavoro sicuro” comunque prosegue (2048 controlli nel 2018), intanto fino al 2020 ma con l’intenzione di farne qualcosa di strutturale e ordinario.

La Regione l’aveva lanciato pochi mesi dopo il rogo della fabbrica, con l’assunzione di 74 tecnici per controllare in tre anni 7700 aziende censite da Firenze a Pistoia fino ad Empoli, la metà solo a Prato. L’incendio fu il 1 dicembre 2013, una domenica: a settembre 2014 le prime ispezioni, che in quattro anni e quattro mesi sono state alla fine 11.761 (7.087 solo a Prato), spesso interforze. Obiettivo dichiarato: evitare altre tragedie, ristabilire per i lavoratori garanzie di sicurezza e dei diritti più elementari ma anche aggredire in qualche modo un’economia sommersa e un nero che l’Irpet nel 2013 stimava in un miliardo di euro l’anno. La prima del progetto fase si è conclusa a marzo 2017; a Prato, nel primo mese di controllo, le imprese del tutto in regola sono state appena il 6,8 per cento, tre anni dopo erano il 55,7 per cento. Oggi sono ancora di più: il 65,8 per cento (e il 72,5% con Firenze, Empoli e Pistoia). Nei primi tre anni in tutta l’area metropolitana sono stati trovati 969 dormitori, 285 cucine abusive, 123 bombole a gas dove non dovevano stare, 1.496 impianti elettrici, 1.612 macchinari non a norma. 1.713 carenze igieniche. Sono state sequestrate e e chiuse 418. Poi c’è stata la seconda fase ed adesso la terza. Sono numeri che non permettono di abbassare la guardia. Ma il trend segna senza dubbio un miglioramento.

Anche il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Prato, Giuseppe Nicolosi, intervenuto all’iniziativa ha sottolineato  “l’intenso lavoro effettuato dalle forze dell’ordine  insieme ad Asl e istituzioni. Su circa 6.000 procedimenti penali l’anno ben 1.200 hanno riguardato reati riconducibili all’illegalità nelle imprese orientali. C’è comunque ancora molto lavoro da fare per combattere la palude che consente ancora oggi il permanere dell’illegalità”. Ha inoltre auspicato l’assunzione di una responsabilità collettiva e la necessità che venga prodotto e adottato un protocollo e/o un codice etico che regoli non solo la produzione ma anche la commercializzazione dei prodotti.

 

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