Il c.d. “decreto del fare” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (cfr. DECRETO-LEGGE 21 giugno 2013, n. 69 L’obiettivo del “decreto del fare” avrebbe dovuto segnare una profonda linea di demarcazione tra le vecchie politiche improntate al rigore e la necessità, prioritaria, di rilanciare l’economia del Paese. Questo in tutte le materie. Per quanto concerne le disposizioni fiscali presenti nel decreto, questa linea di demarcazione appare tutt’altro che profonda. Sebbene gli ambiti su cui il decreto ha agito per dare dei segnali positivi, sono apparsi da subito condivisibili: 1) responsabilità solidale per Iva e ritenute relative alle prestazioni di appalto e sub-appalto; 2) norme utilizzate da Equitalia per porre in essere la riscossione coattiva dei tributi, le soluzioni contenute nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale tradiscono le aspettative. Infatti, con riferimento alla responsabilità solidale rispetto ad una prima versione che prevedeva l’abolizione complessiva dell’istituto, apparsa anche sulla stampa specializzata (vedi News 11 giugno 2013, n. 57), la decisione è stata quella di escludere solamente l’Iva dalla responsabilità solidale, lasciando in vigore l’istituto per le sole ritenute. L’eliminazione dell’Iva dalla responsabilità solidale, al più rende meno oneroso per gli intermediari la predisposizione delle autocertificazioni ovvero delle asseverazioni, ma i costi sul sistema produttivo restano inalterati. Al pari, l’eliminazione dell’Iva non risolve i gravi problemi di rallentamento dei pagamenti tra imprese connessi all’applicazione del regime della responsabilità solidale. A nostro avviso l’introduzione di un qualsiasi adempimento a carico delle imprese come pure la decisione successiva di apportarvi modifiche ovvero di eliminarlo del tutto, non può prescindere dall’effettuazione di un’analisi costi benefici. Analisi che nel caso della responsabilità solidale non tiene conto delle imprese interessate dall’istituto che sono quelle più strutturate e quelle che, nella maggior parte dei casi, hanno un collegamento con l’estero. Riguardo poi alle nuove disposizioni che mirano ad alleggerire l’azione di Equitalia sul fronte della riscossione coattiva dei tributi (secondo punto), tra cui emergono: a) le limitazioni all’esproprio dell’unica abitazione di proprietà in cui risiede la famiglia, esclusi gli immobili di lusso, ville e castelli; b) le limitazioni all’esproprio degli immobili strumentali delle imprese, qualora il debito tributario sia inferiore a 120 mila euro; c) l’estensione dell’impignorabilità dei beni mobili strumentali d’impresa alle società ed alle imprese ad alta intensità di capitale; d) la decisione di rivedere la misura dell’aggio di riscossione sulla base dei costi normalizzati per la riscossione entro il mese di settembre; e) l’aumento da 72 a 120 del limite di rate entro cui è possibile suddividere il debito fiscale, per consentire di arrivare ad un piano di rateizzazione sostenibile per il contribuente, stupisce la decisione, da ultimo presente nel DL. 69/2013, di subordinare l’estensione a 120 del numero massimo di rate all’emanazione di un decreto di attuazione. Ci si augura che non sia l’ennesimo espediente per fare solo promesse e non fatti concreti. Come pure ci aspettiamo che sia adeguato, in modo analogo, il periodo di rateizzazione dei debiti emergenti dagli avvisi bonari, oggi fermo a cinque anni in rate trimestrali. Riteniamo sia profondamente ingiusto obbligare proprio i contribuenti che non riescono a versare ciò che hanno dichiarato, a versare sanzioni più pesanti e l’agio di riscossione, per avere un piano di rateizzazione in 120 rate (10 anni), adeguato alla propria situazione economica. In ultima analisi, ci si augura che, oltre all’impignorabilità dei beni mobili d’impresa, sia disposto anche il “blocco” del fermo amministrativo (ganasce fiscali) sui veicoli strumentali all’attività d’impresa ovvero sui veicoli che ne costituiscano l’oggetto.
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