Per effetto della pandemia, una impresa su 3 ha aumentato il proprio indebitamento verso le banche. Cali di fatturato per il 70% e il 15% rischia la chiusura.
“Benvenga la moratoria ma ora servono strumenti strutturali su prestiti e garanzie per aiutare le imprese a rispettare gli impegni nel medio e lungo termine”.
Oltre un’impresa su tre non sarebbe in grado di rispettare gli impegni con le banche, e quasi il 15% rischia di dover abbassare le saracinesche. E’ quanto emerge da una indagine promossa dalla CNA su oltre 5mila imprese di cui l’87% con meno di 10 addetti, un campione che riflette in modo coerente il tessuto imprenditoriale italiano.
Incassato il passo avanti dell’ultimo DL Sostegni che proroga le moratorie sui mutui a fine 2021, ottenuto anche grazie al forte pressing esercitato da CNA a tutti i tavoli istituzionali, come spiega Emiliano Melani, vicepresidente CNA Toscana Centro con delega al credito e componente del Cda di Artigiancredito, “ora per consolidare l’accesso al credito delle imprese è necessario trasformare le moratorie in strumenti strutturali con durata più ampia, per allentare il forte indebitamento delle imprese nei confronti delle banche”, come è stato calcolato dalla recente indagine promossa da CNA.
“Lo studio parla chiaro – prosegue Melani – oltre il 50% delle imprese intervistate ha aumentato la propria esposizione debitoria con le banche: il 12% l’ha incrementata di oltre il 10% e quasi una su 5 oltre il 20% rispetto alla situazione precedente la pandemia e oltre il 56% del campione ritiene indispensabili delle misure ad hoc per favorire la ristrutturazione dei debiti.
Sul fronte del ricorso al sistema bancario, l’indagine conferma che il 54% delle imprese intervistate ha utilizzato la moratoria e che nel 78% dei casi è ancora in funzione, e il 73% del campione ritiene utile la proroga. Non per niente, dall’attivazione della garanzia pubblica, il 63% del campione ha ottenuto un nuovo finanziamento e oltre la metà afferma di averne bisogno nei prossimi mesi. Ecco perché da un lato la proroga della moratoria e della garanzia pubblica sui nuovi finanziamenti alle imprese, rappresenta una misura necessaria per scongiurare, nel breve termine, migliaia di casi di insolvenza, ma d’altro canto il termine di scadenza della proroga a fine anno potrebbe non bastare a mettere in sicurezza le aziende aiutandole a superare una crisi che avrà pesanti ripercussioni per anni.
La programmazione di interventi strutturali a lungo termine – prosegue Melani – dovrebbe poi riguardare anche le garanzie pubbliche, sulle quali le moratorie sono ritenute fondamentali per non innescare chiusure e fuoriuscite dal mercato. Una mancata azione su questo fronte infatti metterebbe in difficoltà le imprese che ancora non riescono a generare flussi di cassa adeguati alle esigenze finanziarie. A causa di questa pandemia oltre il 70% degli intervistati accusa una contrazione del fatturato nei primi quattro mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019 e per oltre il 45% del campione la flessione supera il 30%. Insomma siamo ancora molto lontani dalla “normalità”, e non intervenire con strumenti strutturali di sostegno significherebbe vanificare lo sforzo realizzato per mantenere in vita il nostro patrimonio imprenditoriale”.
Dall’ultima rilevazione del MEF le moratorie attive del sistema produttivo ammontano a un importo di 126 miliardi e l’erogazione di finanziamenti assistiti da garanzie pubbliche a 184 miliardi. Complessivamente, quindi, 310 miliardi di credito bancario alle imprese risulta oggi “coperto” dalle misure straordinarie, oltre il 40% dell’esposizione complessiva, che a fine marzo (dati Banca d’Italia) ammontava a 755 miliardi di euro.