Quasi il 50% del credito bancario alle imprese risulta “congelato” da moratorie sui prestiti
e Fondo di Garanzia per le PMI e un repentino ritorno alla normalità delle regole
ordinarie rischia di mettere a rischio centinaia di migliaia di imprese. È quanto sottolinea
la CNA rinnovando la richiesta alle istituzioni europee e nazionali di definire con urgenza
una exit strategy rispetto alle misure straordinarie adottate per arginare gli effetti della
pandemia sulle attività economiche.
Sulla base degli ultimi dati pubblicati da Banca d’Italia a fine 2020 lo stock di credito
bancario alle imprese ammontava a 750 miliardi con un incremento, il primo dopo nove
anni, di 42 miliardi. I numeri tuttavia risentono delle misure straordinarie: quasi 200
miliardi per le domande di moratorie (di cui 150 miliardi si riferiscono a Pmi) e 130
miliardi per le richieste al Fondo di Garanzia (ai quali aggiungere 20 miliardi di prestiti con
la Garanzia Italia di Sace). In totale 350 miliardi “protetti”, pari al 46% dello stock totale.
Per scongiurare possibili gravi shock sul sistema bancario e sul tessuto produttivo, CNA
rilancia la necessità di interventi urgenti. In particolare prorogare alcune misure in
scadenza a giugno prossimo e somministrare massicce dosi di flessibilità al sistema
regolamentare comunitario a partire dalle norme sul default e dal calendar provisioning.
Inoltre è necessario che l’Europa segua l’esempio dell’Italia estendendo da 7 a 15 anni la
durata dei finanziamenti fino a 30mila euro assistiti da garanzia pubblica. In parallelo è
urgente individuare strumenti per favorire la rinegoziazione di circa 200 miliardi di euro
di esposizioni congelate con le moratorie.
Sul piano nazionale, per la CNA sono necessari rivitalizzare il sistema dei Confidi, che ha
dato prova di sostenere con efficacia l’imprenditoria diffusa nella crisi in corso, e
ottimizzare l’operatività del Fondo di Garanzia per le PMI valorizzando la relazione tra
pubblico e privato.
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