CNA in una indagine quantifica l’impatto della crisi nelle imprese artigiane. Bettazzi: “Dati allarmanti. Le priorità: liquidità e contributi a fondo perduto, meno burocrazia e tagli alle tasse”

La crisi picchia duro sulle province di Prato e Pistoia. Se ad oggi le richieste presentate da CNA per la CIG a Prato e Pistoia hanno superato quota 500 e interesseranno oltre 2.500 lavoratori, a cui si aggiungono 1.500 le domande per il Bonus di 600 euro, altri dati allarmanti emergono dall’indagine online lanciata da CNA Toscana Centro per valutare l’impatto dell’emergenza sugli imprenditori del territorio.

Come precisa il Presidente di CNA Toscana Centro, CLAUDIO BETTAZZI: “I dati dimostrano che è urgente procedere con la riapertura di quelle imprese che possono garantire la massima sicurezza e un rifornimento adeguato di Dpi, e va avviato un tavolo di confronto con le parti sociali sulla sicurezza, o l’impatto sarà terribile.

Il quadro che emerge dalla nostra indagine fa infatti tremare i polsi: il 69% degli intervistati ricorrerà alla CIG; il 66% ha sospeso la produzione, solo un 3% che si è riconvertito; quasi il 40% denuncia, tra le difficoltà maggiori, i mancati pagamenti, il 48% calcola una riduzione dei fatturati di oltre il 35%, mentre il 47% non è certo di poter riaprire i battenti.

Inoltre, il 69% ritiene che non riuscirà a far fronte ai pagamenti di imposte e salari mentre un pesante 74% del campione segnala un crollo della liquidità. Ed è proprio quest’ultima, del resto, il vero grande dramma per le imprese in questo momento. Non per niente alla nostra domanda multipla sugli interventi che gli imprenditori ritengono prioritari in previsione dell’uscita dal lockdown, il 76% ha risposto “finanziamenti per la liquidità immediata e accesso facilitato al credito”, mentre un 48% dà priorità alla riduzione e rateizzazione delle tasse e un 25% chiede invece per ripartire interventi radicali per la semplificazione.

A fronte di un simile quadro, anche se fin da subito ci siamo battuti per ottenere ad ogni livello misure straordinarie a sostegno dell’accesso al credito per le imprese, è evidente che è molto critico il nostro giudizio sul cosiddetto Decreto Liquidità appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Questi interventi infatti non soddisfano l’urgenza di mettere a disposizione di tutti gli operatori economici la minima liquidità necessaria a far fronte alle spese correnti che devono essere onorate per non far saltare tutta la catena dei pagamenti. Senza liquidità non si potranno pagare stipendi, affitti, fornitori, senza contare che non abbiamo ad oggi certezze sul fatto che gli imprenditori possano ottenere credito aggiuntivo per aumentare la loro esposizione verso le banche. Non solo. Gli imprenditori sono delusi anche dalla dimensione dell’intervento; abbiamo calcolato che lo stanziamento di 1.729 milioni di euro, destinato ad incrementare la dotazione del Fondo di garanzia, potrà assicurare al massimo 20 miliardi di nuovi crediti pari all’1% del fatturato di tutte le imprese che possono essere garantite dal Fondo. Praticamente una goccia nel mare per chi confidava di poter accedere a mezzi finanziari sufficienti per non essere costretto a chiudere. Ma c’è di più.

In un momento così complesso e ancora in piena serrata, i provvedimenti dovranno essere veloci ed efficaci e serve un percorso rapidissimo per mettere a disposizione delle imprese nuovo credito senza burocrazia, senza procedure valutative, a zero interessi, con 24 mesi di preammortamento e 10 anni per la restituzione. A questo andranno poi aggiunti nella manovra di aprile altri provvedimenti che Cna ha riassunto in un manifesto per la ripartenza che sarà presentato al Governo: dalla riduzione del cuneo fiscale e contributivo sui salari per tutto il 2020 allo sblocco dei debiti delle p.a. entro maggio, dalla sospensione di tutti i pagamenti tributari e contributivi fino a giugno e rateizzazione in 6 mesi ad incentivi per investimenti in sicurezza e sorveglianza nei luoghi di lavoro, dalla sospensione del codice degli appalti fino al 2021 e attivazione di procedure emergenziali ad azioni e interventi a sostegno del settore turismo e commercio che paga oggi il prezzo più alto della crisi economica.

Stiamo quindi già lavorando sia a livello nazionale che locale per questo necessario cambio di rotta, perché o si avvia subito la riapertura in quelle imprese in grado di garantire i più alti livelli di sicurezza possibili o rischiamo di non avere un futuro”.

 

IL CAMPIONE DELL’INDAGINE – In soli 3 giorni sono oltre 500 le risposte pervenute da imprese che rappresentano il vero cuore del Paese, tant’è che che l’83% del campione rientra in un range fino a 9 addetti, vale a dire l’ossatura su cui si regge l’economia nazionale.

Le imprese intervistate operano nella produzione (12,53), servizi alle persone (12%), installazione (11%), moda e abbigliamento (10%), costruzioni (10%), autoriparatori (9%), servizi alle imprese (6%), agroalimentare (4%), trasporto merci (2%), trasporto persone (1%), e altri settori (33%).

Per la distribuzione territoriale, il 60% del campione ha sede nella provincia di Pistoia (il 17% di questi all’interno del comune), il 30% ha sede legale nella provincia di Prato (di cui il 20% all’interno del territorio comunale), il 7% opera nella provincia di Firenze e il restante in altre province toscane

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