“Che si chiamino sostegni o ristori, poco importa. Ciò che preoccupa oggi è che le imprese di Federmoda CNA sono allo stremo, ed è urgente che il Governo e gli enti locali attivino subito il meccanismo dei ristori con tutte le risorse disponibili a livello nazionale, regionale e locale. A questo dovranno poi seguire interventi sostanziali per lo sviluppo del settore nei prossimi anni, ma senza un’azione immediata di supporto, la filiera tessile rischia il default”.
Ad affermarlo a nome di tutta la categoria è Francesco Viti, presidente provinciale CNA Federmoda Toscana Centro alla platea delle imprese del settore riunite per l’Assemblea territoriale di Federmoda CNA tenutasi martedì scorso. Anche se, da un lato, la discussione sul Decreto Sostegno sta vedendo l’accoglimento delle richieste di CNA di superare la logica degli ATECO, a far alzare il livello di malessere delle imprese del comparto moda è un elemento che appare inaccettabile. Quale? Spiega Viti, “nelle trame del Decreto in arrivo, il Governo sembra orientato a destinare risorse solo alle aziende che hanno registrato cali di fatturato superiori al 33%, e questa asticella di fatto escluderebbe gran parte delle nostre imprese dalla possibilità di ottenere qualche forma di ristoro. Più precisamente, da un’indagine fatta da CNA, su un campione di ben 12.000 imprese con fatturato fino a 5 milioni, è stato calcolato che l’81,2% di aziende ha registrato diminuzioni del giro d’affari ma solo 1 impresa su 4 ha accusato una perdita superiore al 33% rispetto all’anno precedente. Addirittura nel settore manifatturiero si parla dell’85,8%, che ha chiuso l’anno in perdita – ma soprattutto si è confermato un crollo medio dei fatturati pari al 31.7%, quindi al di sotto di poco meno di due punti di quanto previsto dal Governo per i ristori.
Stando a questi dati, di fatto, oltre il 75% delle imprese, pur avendo registrato una significativa flessione del fatturato spesso non lontana dal 1/3 resterebbe quindi escluso dai nuovi indennizzi. Questo è allarmante e Cna ha già sollecitato il Governo a cancellare la soglia del 33% sostituendolo con un meccanismo di decalage, che riduca progressivamente il beneficio. Di pari passo quindi è anche necessario ampliare il periodo sul quale commisurare gli indennizzi e concentrare il ristoro soprattutto sulle imprese più piccole maggiormente colpite dalla pandemia. Qualsiasi euro che viene riversato, oggi, sottoforma di ristoro, non va considerato un costo, bensì un investimento per mantenere in piedi tutto il tessuto produttivo – insieme al sistema Moda che è il volàno dell’immagine italiana nel mondo – e consentire alle imprese di superare questa grave crisi economica e sociale e tornare ad investire sulle prospettive future”.
Ma non è tutto, ad alimentare il disagio delle imprese del settore ci sono altri temi strategici sui quali “intendiamo fare tutto il possibile per innescare un cambio di rotta sia a livello nazionale che territoriale – conclude Viti – Tra questi, il problema della scarsa redditività delle imprese, che nel 2020 è scesa a livelli drammatici e aspetta ancora soluzioni condivise; il tema dei costi fissi dell’energia che rendono le imprese non concorrenziali rispetto agli altri paesi europei e che vede CNA impegnata in prima linea per ottenere il riconoscimento del distretto tessile come energivoro. Su questo e su altri temi strategici – come la capacità di attrarre finanziamenti e investimenti sul territorio da far ricadere sulle piccole e piccolissime imprese – vale la pena di approfondire l’opportunità di intendere il distretto come soggetto giuridico autonomo, proprio come sta già accadendo in altre parti d’Italia. Per non parlare poi della necessità di attuare progetti formativi dedicati anche agli imprenditori e non solo ai dipendenti, o il tema del ricambio generazionale che impone maggior collaborazione tra scuole e imprese e campagne di sensibilizzazione per far comprendere il valore del lavoro nel settore tessile e attrarre più giovani: a Prato infatti scontiamo l’annoso problema dell’età media elevata sia degli imprenditori che dei dipendenti con il rischio tra qualche anno di non riuscire più a reperire i tecnici necessari”.
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