Mappatura della filiera? “I dati raccolti finora sono inequivocabili – dice Claudio Bettazzi, presidente Cna – e tracciano un panorama che deve aprire le porte ad una seria riflessione tra tutti gli attori del tessile per attivare una piattaforma di regole chiare e condivise mirate sia ad una più equa redistribuzione della redditività, sia a forme di maggior collaborazione tra committenza e terzisti”. All’indomani della presentazione dei dati emersi dall’indagine sulla filiera – finanziata dalla Regione e curata dalla C.c.i.a.a. di Prato, di concerto con le categorie economiche – Claudio Bettazzi e Francesco Viti, presidente di Federmoda provinciale, mettono sul piatto una prima concreta lettura delle progettualità necessarie a ridisegnare il volto e il futuro del tessile pratese.
In attesa di avere sul tavolo anche i risultati dell’ultima tranche dell’indagine “è innegabile il nodo legato alla ridistribuzione dei margini di remuneratività delle lavorazioni – precisa Bettazzi – ma è altrettanto evidente che il problema principale sul quale dobbiamo concentrarci resta quello di garantire un futuro alla filiera, inteso come corpo unico nel quale tutti gli organi devono essere in salute. Ecco perché l’indagine è solo un primo passo al quale ora deve seguire un impegno forte e condiviso per attivare meccanismi virtuosi di subfornitura. Come? Lavorando insieme per fare sistema, intercettando i finanziamenti necessari a costruire serie aggregazioni e processi di coinvestimenti tra committenti e terzisti finalizzati sia all’acquisto di macchinari che ad innovare la filiera”.
D’altro canto, spiega Francesco Viti, presidente di Cna Federmoda, “ad oggi dallo studio emergono due fattori fondamentali per la competitività, la qualità del prodotto (intesa anche come innovazione, customizzazione, specializzazione) e il servizio (puntualità e tempestività delle consegne), e per garantirli è prioritario poter contare su una filiera sana, efficiente e soprattutto in grado di investire in maniera continuativa. E’ ovvio però che questi risultati non possono essere raggiunti se la marginalità di reddito di alcuni comparti – come già emerso da studi su filature, tessiture e rifinizioni – risulta in costante calo, mentre i dati sulla redditività di lanifici e produttori di filati confermano invece che per il 36% dei primi e il 47% dei secondi l’ultimo quinquennio ha rappresentato una “buona” redditività”. Ecco perché bisogna agire con una visione di lungo termine, costruire nuove dinamiche interne alla filiera e scongiurare una ulteriore contrazione produttiva, anche alla luce del fatto che la crisi ha già ridotto la capacità produttiva del distretto, tanto che i committenti stessi ritengono già insufficienti gli impianti di filatura (per il 45% degli intervistati) e almeno un quarto valuta molto ridotte anche le altre lavorazioni”.
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