“Le imprese di Prato, Firenze e Pistoia rappresentano il 50% del Pil di tutto il sistema produttivo della Toscana. Eppure non è su di esse che si concentrano le azioni e gli sguardi delle istituzioni – locali e regionali – che a suon di tasse e burocrazia e scelte mancate, ne stanno frenando ripresa e sviluppo”.
Cinzia Grassi, direttore Cna, analizza i dati delle ultime indagini e senza tema di smentite calcola quanto pesa la disattenzione della politica sulle tasche degli imprenditori.
“Intanto oggi sappiamo che ogni giorno chiudono 16 imprese. I motivi? Due esempi su tutti: fisco e burocrazia. Sul primo fronte, sia nazionale che locale, il Centro Studi CNA ha calcolato che sulle imprese pratesi la pressione fiscale ha ormai raggiunto il picco insostenibile del 61,7%, quota che salirà al 63,1% a fine anno. Ciò significa che ciascun imprenditore deve lavorare almeno 6 mesi l’anno solo per assolvere gli obblighi fiscali. Non solo. Se poi parliamo di burocrazia, la prospettiva è ancora più nera visto che il costo calcolato da Cna in Toscana è pari a 11mila euro per ciascuna impresa, e raggiunge il totale di 1 miliardo e 200 milioni che pesa ogni anno su tutto il sistema artigianale toscano”.
L’allarme su questi fenomeni è stato lanciato da tempo, ma quali risposte sono venute dall’apparato amministrativo?
“Spiace dirlo, ma in una situazione di forte crisi, alle numerose e ripetute richieste di intervento non sono seguite azioni concrete da parte del mondo politico. Pensiamo alla semplificazione. E’ ritenuta così importante da rientrare negli obiettivi dell’Ue, eppure in questi anni la situazione è peggiorata. I nostri dati dimostrano che queste cifre rappresentano solo una stima parziale del danno economico e sociale causato da questo fenomeno sul nostro territorio, perché ai costi aziendali (gli 11mila euro medi ad impresa) va aggiunto il peso di: investimenti non effettuati, di occupazione non creata, di fiducia persa nei meandri di pratiche e procedimenti inspiegabili. Ecco perché, malgrado le dichiarazioni di intenti e gli impegni politici pre e post-elettorali, oggi la percezione da parte degli imprenditori è che non ci sia, né ci sia stato, un miglioramento tangibile ma che, anzi, i costi e le tasse siano aumentate”.
Che fare dunque in un’ottica metropolitana?
“Sono molte le leve che potrebbero essere attivate. Penso ad esempio ad una riforma regionale e locale per la semplificazione, all’abolizione degli adempimenti inutili, all’apertura di gare d’appalto pubbliche per le piccole imprese, all’introduzione di meccanismi correttivi per l’accesso al credito della micro e piccola impresa. Per non parlare, in ambito locale, delle risorse necessarie per infrastrutture e collegamenti, la digitalizzazione e l’informatizzazione delle città, la costruzione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici. Su tutto questo, viene da chiedersi come il nostro sistema politico intenda operare per rilanciare con nuove funzioni l’area vasta – in cui Prato ha una posizione baricentrica – al servizio dell’economia e della ripresa.
In due parole, penso sia arrivato il momento di attivare, sul campo, politiche di trasformazione dei diversi sistemi economici che consentano alle imprese di recuperare competitività e di sfruttare ogni opportunità data dai singoli territori. Questo significherebbe davvero sostenere la ripresa e aiutare Prato e tutta la Toscana a rialzare la testa. Finalmente”.