L’artigianato toscano è ancora nel tunnel della crisi, ma conferma il suo ruolo centrale all’interno dell’economia regionale con un fatturato che nel primo semestre del 2012 si attesta oltre i 3 miliardi, nonostante il declino strutturale che ha colpito il comparto artigiano da oltre un decennio e soprattutto dopo un triennio di crisi intensa.
Questi i risultati di Trend, l’analisi congiunturale semestrale effettuata da CNA Toscana sui dati della contabilità di migliaia di imprese artigiane della regione, presentata in conferenza stampa a Firenze.
La sintesi di Trend, rapporto congiunturale sull’artigianato toscano
Quadro generale: nel complesso si blocca l’emorragia di valore dal tessuto artigiano toscano (+0,4% il fatturato), ma per molte aziende si tratta di mera sopravvivenza, un assestamento sui bassi livelli del 2011, che erano il risultato di tre anni consecutivi di crisi.
Questi i risultati di Trend, l’analisi congiunturale semestrale effettuata da CNA Toscana sui dati della contabilità di migliaia di imprese artigiane della regione.
Grazie anche all’effetto rimbalzo, il primo semestre 2012 non porta con sé l’ulteriore e temuto arretramento per l’artigianato toscano. Quindi, si può affermare che il ciclo negativo che ha afflitto l’artigianato mostra i primi segni di inversione di tendenza? Magari, ma è molto difficile sostenere questa interpretazione: il dato del 2012 è ancora parziale e ed è un valore solo formalmente positivo; infatti consiste più che altro in una crescita ‘zero’ con uno modesto +0,4% di variazione tendenziale sul fatturato del 2011. In effetti, a giugno 2012, il gap imposto dalla crisi all’economia artigiana è ancora assai ampio ed è quantificabile grossomodo in -30 punti percentuali in termini di fatturato rispetto al 2008, collocando i valori dei ricavi del secondo trimestre 2012 sui livelli più bassi dal 2009. Se l’output gap è trasversale ai singoli macrosettori economici non c’è dubbio che le perdite accumulate nell’edilizia siano ampie e (probabilmente) strutturali: le costruzioni, infatti, presentano livelli di fatturato più che dimezzati rispetto all’inizio della crisi.
Nella sostanza prosegue quindi il livellamento verso il basso degli equilibri aziendali per l’artigianato toscano: fatturato modesto e conseguente razionalizzazione dei costi d’esercizio, emblematica è la riduzione dei costi del lavoro del -4,3% (in calo tendenziale ormai da alcuni mesi), anche se la ripresa dei consumi aziendali +13,2% potrebbe far supporre qualcosa di più (es. una produzione reale in lieve aumento) dell’effetto ‘prezzo’ che l’ha evidentemente sostenuta (es. prezzo dell’energia in netta crescita nel corso del 2012).
Questo è almeno quanto emerge dall’indagine congiunturale TREND, con cui CNA Toscana con periodicità semestrale rileva il ‘barometro’ dell’economia artigiana, attraverso la stima di variabili chiave misurate sulla contabilità, sia semplice che ordinaria, di centinaia di imprese a loro volta campionate dall’Istat tra le migliaia che ancora concorrono a sostenere l’economia della regione, con un fatturato che nel primo semestre del 2012 si attesta ancora oltre i 3 miliardi. Un valore di tutto rispetto, malgrado il ridimensionamento dovuto al declino strutturale (che ha colpito il comparto artigiano da oltre un decennio), e soprattutto dopo un triennio di crisi intensa, che ha lasciato sul terreno un calo ‘demografico’ di circa 3.000 imprese artigiane (in Toscana tale è il saldo ‘demografico’ tra le aziende artigiane ‘nate’ e quelle ‘morte’ dal 2007 ad oggi).
Dinamiche settoriali: il lieve rimbalzo sui modesti fatturati 2011 riguarda il manifatturiero +2,8% e i servizi + 5,7%, ma la contrazione delle costruzioni ( -4,8%) è pesante.
Il sistema artigiano toscano continua a soffrire delle difficoltà del settore delle costruzioni (-4,8%, la variazione tendenziale sul fatturato), che pagano un insieme di condizioni avverse che non accennano a cambiare (mercato immobiliare in crisi, riduzione/posticipazione dei progetti di investimento, crollo della domanda pubblica, crisi o cessazione di importanti aziende capo-commessa, ecc.). Al di là della dinamica eccezionale, o meglio anomala, dell’orafo +46,6% (sulla quale, oltre al rimbalzo tecnico, ha influito anche l’incremento del prezzo dell’oro), è di interesse la ripresa di alcuni comparti manifatturieri (pelle/calzature +14,2% e legno/mobili +9,8%) e di alcuni settori legati ai servizi (servizi alla famiglie +19,3% e trasporti +6,6%). Allo stesso tempo, anche nel manifatturiero e nei servizi non mancano casi di settori in flessione o vicini alla crescita ‘zero’ (che poi è l’andamento medio del comparto artigiano nel bilancio parziale del 2012): alimentari -9,1%, tessile-abbigliamento – 5,8%, metalmeccanica +0,3%, servizi alle imprese – 6,9% e riparazioni +1,5%). Sembrano reggere meglio la crisi alcune filiere collegate ai mercati esteri o alcuni settori che, pur rivolti a un mercato locale in continua flessione (servizi alle famiglie), hanno saputo -o potuto meglio- interpretare l’attuale fase caratterizzata dal restringimento dei budget sia delle famiglie che delle imprese.
Dinamiche territoriali: difficile non parlare di rimbalzo per gli exploit di Pistoia e Arezzo, solo Lucca mostra una dinamica positiva nel breve e nel medio periodo, che però è in attesa di conferme ed eventuali ritarature al ribasso sul consuntivo definitivo del 2012; per il resto il panorama che emerge è negativo: Firenze non viene salvata dalla buona performance della pelletteria, Prato soffre delle nuova fase economica che riguarda il distretto tessile, le altre province molto penalizzate dalla crisi dell’edilizia, non compensata in modo sufficiente dagli altri comparti.
Entrando nel dettaglio dei singoli territori anche il dato di sostanziale “pareggio” della prima parte del 2012 è spiegabile in larga parte dai rimbalzi di fatturato dell’economia artigiana di Pistoia (+53,7%) e Arezzo (+20,6%) (variazioni tendenziali dei ricavi rispetto al 2011-I semestre). In effetti, sia l’artigianato aretino che (soprattutto) quello pistoiese nel 2011 avevano evidenziato pesanti flessioni dei ricavi e, in ottica di medio periodo, il profilo ciclico mostra una tendenza declinante. Tuttavia, è da sottolineare positivamente il netto riassestamento verificatosi soprattutto all’interno del sistema manifatturiero delle due province: +81,6% (Pistoia) e +29,7% (Arezzo). A contribuire positivamente all’equilibrio dei ricavi sui dati parziali di giugno 2012 c’è anche Lucca (+36,7%), che presenta variazioni positive di fatturato su tutti i macrosettori economici (in particolare le costruzioni). Situazione assai più complicata su tutto il resto del territorio regionale dove spiccano i sensibili cali di Pisa (-22,8%), Grosseto (-14,9%) e Livorno (-9%), che subiscono in particolare le ricadute del persistere della crisi delle costruzioni. Anche a Prato (-7,1%) la crisi è pesante, ma a perdere terreno è soprattutto il sistema manifatturiero al cui interno spicca la flessione del settore tessile (-31,4milioni di euro rispetto al 2011-I semestre). In ogni caso, tanto a Prato quanto a Livorno le perdite sono state in parte attenuate dai risultati positivi dei servizi. Firenze (-4,3%) e Massa (-3,5%) si assestano su valori di fatturato anch’essi inferiori al 2011, anche se la flessione è meno pronunciata. Nel dettaglio l’artigianato di Firenze, nonostante la positiva performance della pelletteria, è soprattutto penalizzato dalle flessioni dei servizi, dell’alimentare e della metalmeccanica, settore che arretra anche a Massa dove si evidenzia anche il netto calo di fatturato dei trasporti.
Prospettive: la crescita ‘zero’ del primo semestre 2012 non segna ancora la fine di un ciclo economico negativo; la situazione di crisi è infatti pesante nell’edilizia, inoltre il dettaglio provinciale mostra, insieme a diverse flessioni preoccupanti, una positività non convincente perché legata a fattori contingenti e rimbalzi tecnici; difficile quindi che l’ultima parte del 2012, conti alla mano, possa riuscire a andare molto oltre il mantenimento dei livelli di attività economica del 2011. La persistente debolezza del ciclo implica un ulteriore rafforzamento dell’impegno a preservare un tessuto artigiano sempre a rischio di sopravvivenza per una crisi senza precedenti dal dopoguerra in poi; allo stesso tempo è necessario incoraggiare e sostenere investimenti selettivi laddove la domanda si sta riposizionando.
Al di là di alcuni distinguo tra settori e qualche rimbalzo, a livello locale, su un 2011 peraltro molto depresso, il dato di fondo per l’economia artigiana è che nel 2012 non si intravede ancora un’inversione positiva del ciclo che possa essere definita tale; ci auguriamo di smentire questa asserzione nei prossimi mesi, quando sarà anche disponibile il consuntivo definitivo dell’intero 2012, anche se appare improbabile che ciò avvenga. Ma già la variazione tendenziale del fatturato artigiano del periodo aprile-giugno 2012 è ritornata in terreno negativo: -1,1%. Inoltre, lo scenario economico complessivo in cui si sta muovendo l’artigianato toscano si caratterizza per un’estrema criticità: l’economia italiana si appresta a chiudere il quinto anno dall’inizio della crisi con un’altra pesante flessione del Pil (-2,3%, World Economic Outlook – FMI) confermando così il temuto avverarsi del c.d. double-dip. In effetti, da un lato, la domanda interna è in forte contrazione (politica fiscale restrittiva, calo dei consumi e degli investimenti, tensioni nel mercato del lavoro) e, dall’altro, la domanda estera presenta segnali di rallentamento sulla scia del peggioramento del ciclo a livello internazionale. Con tali premesse non stupisce il serpeggiare di paure e incertezze da parte degli operatori del settore che tendono, così, a tradursi in un sentiment negativo sul futuro a breve in termini di aspettative di mercato.
È da salutare quindi positivamente, all’interno di un complessivo scenario di assestamento al ribasso dell’economia artigiana toscana, la buona performance del comparto della pelletteria-calzature. Anche solo guardando i dati contabili, il trend del fatturato di questo importante settore dell’artigianato è da diversi trimestri in territorio positivo. In effetti, nella filiera della pelletteria si sta assistendo a un processo selettivo ma virtuoso, al cui interno tendono a consolidarsi legami efficaci ed efficienti tra importanti global player attivi sul territorio regionale e le piccole imprese artigiane locali, che in questo scambio stanno sempre più valorizzando il loro “saper fare” specializzato all’interno delle singole fasi del processo produttivo.
Per il tessuto artigiano è inoltre prioritario perseguire una strategia difensiva, che abbia un orizzonte temporale ampio, dato che la crisi non accenna a mollare la presa, crisi che sta mettendo a rischio le stesse fondamenta del modello di imprenditorialità diffusa (3.000 imprese artigiane in meno dal 2007 ad oggi in Toscana) e “l’equilibrio ecologico” che sta alla base dell’economia della regione. La strategia difensiva e (forse) di sopravvivenza stessa delle imprese artigiane passa quindi attraverso la difficile difesa dei margini operativi. In tal senso gli ultimi dati contabili TREND presentano anche su questo fronte una dinamica di sostanziale “pareggio” rispetto ai risicati valori del 2011. In questa fase, tuttavia, la ricerca di questo difficile equilibrio sui margini può anche tradursi in revisioni al ribasso del potenziale produttivo delle aziende (in tal senso è sintomatico il calo sensibile del costo del lavoro). D’altra parte, le decisioni di finanziamento aziendale (anche del capitale circolante) trovano maggiori difficoltà nel passare attraverso le maglie sempre più strette del sistema del credito.
Il mettere in sicurezza e preservare la vita dell’impresa non deve tuttavia far perdere di vista il sostegno agli investimenti nelle iniziative imprenditoriali che sanno meglio interpretare l’attuale fase economica e che intercettano segmenti di domanda in tenuta o addirittura in crescita (il caso della pelletteria lo dimostra), sia sul mercato interno che su quello estero.